Secondo uno studio della Società Italiana di Colposcopia e Patologia Cervico-Vaginale (SICPCV), fin troppo spesso le donne con neoplasia cervicale intraepiteliale (CIN) vengono comunque sottoposte a isterectomia. E questo nonostante in Italia le linee guida lo sconsiglino, prediligendo piuttosto un trattamento maggiormente conservativo. Un dato allarmante, soprattutto se si pensa al sovratrattamento e alle possibili complicanze che possono derivare da tale pratica. Ma non solo. Bisogna anche tenere in conto il fatto che, solo negli ultimi 10 anni, il ricorso a questo genere di intervento in caso di CIN è aumentato di sette volte.
Come riportato dall’Agenzia Zoe in un articolo su Univadis, al cui interno vengono riportati alcuni dettagli dello studio uscito sulla rivista International Journal of Gynecology & Obstetrics «nelle raccomandazioni della SICPCV del 2019 e nelle linee guida italiane del 2002 e del 2006, l’isterectomia è definita un trattamento inaccettabile in presenza di una lesione squamosa intraepiteliale di alto grado (CIN 2-3). Questa procedura è accettabile, dopo consenso informato, solo se non è possibile effettuare o ripetere l’escissione diagnostica o nel caso sia impossibile un follow-up adeguato. In assenza di altre indicazioni, l’isterectomia può essere dannosa per via delle complicanze chirurgiche e delle limitazioni al successivo follow-up. Indipendentemente dall’età e dalla storia ostetrica della donna».
I dati
Per dar vita a questo studio, gli esperti della SICPCV hanno preso in esame le isterectomie totali eseguite tra il 2010 e il 2020 in nove centri italiani. Si parla di 14.260 isterectomie, 242 delle quali (1,7%) avevano la CIN come indicazione primaria. «Il rapporto tra le isterectomie per CIN e tutte le isterectomie eseguite per patologie benigne – si legge ancora nell’articolo di Univadis – è passato da 0,46% nel 2010 a 3,32% nel 2020. In dieci anni il tasso di isterectomie per CIN è aumentato in modo statisticamente significativo».
Dati davvero allarmanti. Il tasso di mortalità associata all’intervento, secondo lo studio, era pari allo 0,4%. Il 5,4% delle pazienti, inoltre, aveva avuto complicanze chirurgiche, mentre il 4,1% complicanze postoperatorie.
«All’esame istopatologico definitivo – continua l’autore dell’articolo – nel 71,5% dei casi la diagnosi era stata di CIN (tutti i gradi) e nell’1,24% di cancro invasivo. Nel 26,8% dei casi, però, non era stata riscontrata nessuna neoplasia. Questo suggerisce un sovratrattamento.
Durante il periodo di follow-up, nel 5% dei casi è stata poi riscontrata una lesione vaginale».